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Threefingersguitar è il progetto solista di Simone Perna, già batterista dei Viclarsen. In questa avventura è accompagnato da Alessandro Battistini e, per quanto riguarda la registrazione e il mixaggio, ha trovato in Alessandro Mazzitelli la persona più adatta per tale lavoro. Il disco, il debutto, si chiama semplicemente #1: sei canzoni a metà fra ruvidezza e dolcezza, tinte forti e delicati acquerelli
Il disco ha inizio con la flebile e quasi impercettibile (no wayout from the room), che, veloce come un sussulto, lascia spazio a Enemy in the mirror, al suo oceano di arpeggi ipnotici intrecciati abilmente con una voce mesta e rabbiosa, al suo colpire al cuore, entrando nelle ossa, fino a esplodere nel finale. Man of sand si mantiene su orizzonti impregnati di nero, alternando momenti tesi e sussurrati ad efficaci aperture melodiche, esprimendo sensazioni di malinconia e disillusione. Con So down and low, si cambia direzione, i toni si alleggeriscono e l’atmosfera si fa più ottimista e meno angosciata; la dolcezza trasognante della melodia ci accarezza calda e lieve, come una morbida sera estiva mentre First dive of the season, rimanendo in tema, depone le armi a favore di una maggiore pace interiore, di un senso di sicurezza e stabilità, di serenità. Infine Untitled #1, introdotta dal caldo rumore estivo delle cicale, spegne il disco, con la sua voce che se inizialmente sembra allontanarsi lentamente lasciando spazio ai dolci arpeggi di chitarra, poi ritorna forte e vigorosa a dirigere l’andamento della canzone, fino a chiudersi definitivamente o quasi. Infatti la vera conclusione è affidata a una breve bonus track strumentale, cupa, straniante, aggressiva.
Simone Perna, grazie anche all’aiuto di Alessandro Battistini, costruisce un disco che, seppur breve, colpisce positivamente. Si nota al primo ascolto che nonostante ci si trovi di fronte a un debutto, comunque alle spalle ci sia già una buona conoscenza della materia musica e una buona abilità compositiva. Le canzoni, elettroacustiche, spesso strabordano dai confini, diventando molto più stratificate del previsto e dunque più corpose. La voce ruvida ben si combina con la morbidezza delle melodie. I riferimenti musicali sono facilmente riconducibili a sonorità di matrice americana, grunge nella ruvidezza e sperimentale nella morbidezza. Un disco che merita di essere ascoltato.” Francesco Cerisola – In Your Eyes