all songs written by palliatives for dirty consciences electronics by cristian maddalena recorded, mixed and mastered at vdss recording studio by filippo strang cover art by angelo murtas special thanks to camilla perretti
The idea that permeates “blankly” is that nothing is decisive enough to be opposed to the historical absurd, there are only palliatives. The stubbornness of being in existence weighs down the consciences through the constant practice of evil.
Reviews
“Hailing from Italy with the current album released on Marsiglia Records, the band Palliatives for Dirty Consciences are a tight unit with great guitar work, taut bass lines and tunes to rival the bands they are undoubtedly influenced by – Wire circa third album 154, Pale Saints, The Sound (1981), Comsat Angels, Joy Division, The Chameleons, The Cure, Siouxsie and the Banshees and even Sigur Ros. Their overall sound is akin to the great indie bands from around 1980 – the original New Wave bands (now termed Post Punk). Have a listen to the song ‘Back Home’ for an idea of their sound and originality. Make no mistake, this is a great album. If the band were American or from the UK they would undoubtedly be attracting great reviews and playing all the festivals this summer.” Graham Domain – Monolith Cocktail
“La musica della band romana descrive in maniera dettagliata ed espansiva glaciali paesaggi dell’anima. Dal cantato sospirato sembra di sentirne la condensa, dalle dinamiche strumentali escono invece arpeggi minimali e insistiti, delay e anche elementi elettronici. In Back Home il sound si fa più ossessivo e lancinante. La malinconia di Sixteen si trasfigura in una cupa e inquieta tiritera, mentre la title-track dal pigro andirivieni indiepop si tende mostrando i nervi scoperti delle chitarre elettriche. Ma “Blankly” è album più di contemplazione/introspezione che di scosse e trasformazioni, dove le prospettive di Mogwai, Blonde Redhead, American Football/Owen possono tornare utili come coordinate. (6/7)” Fabio Polvani – Blow-Up
“Serve ancora qualcosa da definire per amalgamare tutto, ma l’ambientazione umida e nebulosa della band romana è una buona tela su cui delineare linee sempre più precise. La voce dream pop filtrata si lega agli arpeggi circolari (Rotten Trick) ma quando poi emerge e prende coscienza funziona meglio in un impianto jangle pop/indie rock, fino agli inaspettati sussulti alternative di ‘Back Home’. C’è da trovare la direzione migliore. 67/100” Nicholas David Altea – Rumore
“Otto tracce che parlano dell’irrisolvibilità del presente attraverso un post-rock ponderato e dagli sviluppi efficaci. Merito ai palliatives for dirty consciences. Esperienza robusta quella dei palliatives for dirty consciences che, dopo circa cinque anni di formazione, approcciano la prima prova discografica in studio: si intitola “blankly”, e viene licenziata per MiaCameretta / Marsiglia Records. La proposta d’ascolto è formata da otto tracce che agiscono nel perimetro creativo dello shoegaze e del post-rock: in linea con mostri sacri del genere come Blonde Redhead, Pavement e Yo La Tengo, le tinte scure di questo registro espressivo entrano in collisione con atmosfere eteree, plasmando una sensazione da comfortably numb per le orecchie dell’ascoltatore. Un torpore che non coincide con vacuità, perché le suggestioni sonore mantengono una tensione costante che segue il saliscendi dei ritmi. Il tutto è contornato da un impianto di significazione importante, si possono solo applicare palliativi a quelle istanze che non presentano, storicamente, forma di soluzione. In tale contesto, l’ostinazione all’esistenza appesantisce le coscienze attraverso la costante pratica del male; per una lucida presa di posizione nei confronti del controverso presente. Questa band romana si è presa tutto il tempo necessario per confezionare il disco d’esordio, e per farlo bene: merito ai palliatives for dirty consciences che si presentano con un biglietto da visita assolutamente valido e che merita ulteriori sviluppi. A presto risentirci.” Giandomenico Piccolo – Rockit.it
“L’esordio della band romana si destreggia tra sonorità shoegaze, post rock, alt rock tra Blonde Redhead e Polvo. Una scelta artistica coraggiosa e lontana dalla modernità, realizzata con notevole padronanza della materia. Ottima partenza.” Antonio Tony Face Bacciocchi – Radiocoop.it
“L’idea che permea ”blankly“ è che non c’è nulla di risolutivo da contrapporre all’assurdo storico, ma soltanto palliativi. E l’ostinazione all’esistenza appesantisce le coscienze attraverso la costante pratica del male. Da qui un sound che mescola in modo originale l’alt rock più cupo degli anni Novanta, minimalismo e un post-rock/shoegaze non ortodosso, con richiami a band storiche quali Blonde Redhead, Pavement, Yo La Tengo e Mogwai. Brani più disperati e aggressivi quali back home o at the crossroad lasciano il posto alla rassegnazione di rotten trick o al contrasto beffardo tra musica e testi della title track. In chiusura del disco, the tunnel è una ballad tesa in cui i rumori agiscono da pessimo presagio.” Impatto Sonoro – Anteprima
“Un sound curato che fonde l’alt rock più cupo degli anni Novanta con un post-rock/shoegaze basato su dinamiche dirompenti, tra momenti impetuosi e altri sognanti.” Radioaktiv.it
“In un anno in cui si abusa del concetto di resilienza, il dovere morale è quello di chiedersi se a volte invece non sia il caso di cedere, abbandonarsi all’irreparabile cadendo in ginocchio sotto una scarica di riverberi taglienti. Il post rock della band romana è la colonna sonora perfetta per il momento in cui ammetteremo che ad alcune cose non esistono rimedi ma solo palliativi, come le melodie ovattate di questo loro esordio.” Maria Pia Diodati – Rockambula